
La CCS contribuisce alla decarbonizzazione riducendo le emissioni CO2 delle industrie, in particolare nei settori hard to abate.

I cambiamenti climatici sono evidenti ed è scientificamente provato che sono provocati dalle attività umane. I responsabili sono i “gas climalteranti” o “gas serra” che, rilasciati in grandi quantità in atmosfera soprattutto da centrali elettriche, industria, trasporti, riscaldamento domestico e agricoltura, causano l’innalzamento delle temperature medie. Il principale responsabile è l’anidride carbonica o CO2, una sostanza di per sé naturale e innocua, ma la cui concentrazione nell’aria è aumentata in maniera esponenziale dalla Rivoluzione Industriale ad oggi e continua ad aumentare. Nel 2023, le attività dell’uomo sono arrivate a emettere più di 37 miliardi di tonnellate all’anno e, nonostante le politiche ambientali in vigore e le riforme annunciate, il trend è previsto ancora in rialzo. Nell’Accordo di Parigi sul clima ed in quello successivo di Glasgow del 2021 sono stati fissati degli obiettivi per ridurre progressivamente le emissioni di anidride carbonica in modo da contenere l’aumento della temperatura media mondiale entro 1,5° C. Questa sfida prende il nome di decarbonizzazione e vi partecipa anche il settore energetico, dove l’azzeramento delle emissioni è un aspetto centrale della transizione energetica, il percorso di evoluzione verso un modello di produzione e consumo dell’energia più sostenibile. Sarà imprescindibile modificare le nostre abitudini di consumo, sviluppare le energie rinnovabili e massimizzare l’efficientamento energetico e l’economia circolare.
In questo contesto si inseriscono in modo complementare altre soluzioni come la CCUS, l’elettrificazione, i carburanti a basso impatto carbonico e le bioenergie. Infine, un contributo determinante e trasversale lo potranno dare lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. Tutto ciò sarà possibile solo con il pieno impegno dei governi, della società civile e del mondo produttivo.

La CCUS, infatti, è particolarmente efficace per decarbonizzare i settori hard to abate e cioè quelle industrie dove, sia per gli alti consumi di energia sia per le caratteristiche dei loro cicli produttivi, allo stato attuale non è possibile adottare alternative tecnologiche per ridurre le emissioni in modo efficiente ed economicamente sostenibile (siderurgia, cementifici, cartiere, chimica, energia).

Le tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2 sono fondamentali per ridurre le emissioni industriali. Ecco i dati della IEA.
Riduzione emissioni totali da CCUS al 2050
Contributo di CCUS a riduzione emissioni totali al 2050
Contributo di CCUS a riduz. emiss. industriali al 2050
Emissioni globali di CO2 nel 2023
I primi impianti di CCS sono in funzione dagli anni Settanta del Novecento e, per i prossimi anni, nuovi progetti sono previsti in tutto il mondo. (Fonte: Global CCS Institute).
Terrell, Texas, primo impianto di CCS al mondo
Sleipner, Norvegia, primo progetto CCS per sola riduzione emissioni
CO2 stoccata dal progetto Sleipner dal 1996 a oggi
Progetti CCS su scala industriale oggi operativi
Emissioni globali di CO2 evitate ogni anno dalla CCS
Nuovi progetti cattura e/o stoccaggio in sviluppo
Per la loro importanza nel ridurre le emissioni delle industrie hard to abate, nuovi progetti di cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2 vengono sostenuti dalle principali organizzazioni internazionali e da molti Paesi, in particolare nell’Unione Europea e negli USA.
Sostegno internazionale
L’importanza della CCUS per la transizione energetica è sottolineata dalle principali organizzazioni internazionali, come l’International Energy Agency (IEA), l’International Panel on Climate Change (IPCC), International Renewable Energy Agency (IRENA), l’Unione Europea e le Nazioni Unite. In tutti i loro scenari per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, le tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2 vengono considerate indispensabili per la decarbonizzazione del comparto industriale, sempre affiancate, naturalmente, all’aumento dell’efficienza energetica, all’incremento delle energie rinnovabili e alla sostituzione delle fonti fossili con alternative più sostenibili. Nel suo scenario “Net Zero Emissions” pubblicato a ottobre 2023, la IEA prevede che la completa neutralità carbonica possa essere raggiunta al 2050 solo grazie al contributo determinante della CCUS che, per quella, data sarà chiamata a evitare l’emissione di 6,04 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno.
Il ruolo dell'Europa
Molti Paesi membri supportano attivamente lo sviluppo di tecnologie e progetti di CCS con l’obiettivo di creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. La presenza di impianti per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, infatti, permette di decarbonizzare interi distretti produttivi, fornendo una soluzione di decarbonizzazione alle aziende del territorio e salvaguardandone la competitività. La Commissione Europea con l’Industrial Carbon Management Strategy (2024) pone come obiettivo la creazione di un mercato europeo per la gestione industriale della CO2 identificando target di cattura e stoccaggio di 50 Mtpa al 2030 (come da regolamento Net Zero Industry Act), di 280 Mtpa al 2040 e di 450 Mtpa al 2050.
Ai primi posti per il loro sostegno attivo a iniziative sul loro territorio vi sono Norvegia, Olanda, Regno Unito, Danimarca e Germania. A dicembre 2020, la Norvegia ha approvato il finanziamento del progetto Longship per circa due terzi dei 2,7 miliardi di dollari che costituiscono i costi di investimento e operativi per 10 anni. Nel Regno Unito la CCS ha un ruolo determinante nel piano in dieci punti varato dal Governo per la “Rivoluzione Industriale Verde” con ben quattro grandi progetti sostenuti dallo Stato. Uno di essi è Hynet nel Nord Ovest dell'Inghilterra, dove Eni partecipa come operatore delle attività di trasporto e stoccaggio della CO2. Già in fase avanzata, prevede che l’anidride carbonica catturata dai camini delle industrie sulla terraferma venga iniettata nei giacimenti offshore esauriti di Eni nella baia di Liverpool. L’obiettivo è ridurre le emissioni di CO2 dell’importante distretto produttivo per renderlo più competitivo sul mercato.
La capacità di cattura iniziale sarà di 4,5 Mtpa di CO2 con la possibilità di espanderla fino a 10 Mtpa oltre il 2030. Il progetto integrato, inoltre, prevede la realizzazione di un importante sito per la produzione di idrogeno. La cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica è sostenuta anche dall’Olanda, dove il Governo ha deciso di sostenere in ugual misura fotovoltaico e CCS e, tramite una procedura competitiva tra diverse tecnologie, ha valutato la CCUS come la più efficiente per costi-benefici, assegnando ben 2,1 miliardi di euro a 4 progetti di cattura, confermando la valenza e la competitività della CCS per il processo di decarbonizzazione.
Negli ultimi anni, l’Italia ha compiuto importanti passi avanti nell’integrazione della Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS) all’interno delle proprie strategie energetiche e climatiche. Se il Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) del 2019 identificava la CCS come una necessità a lungo termine da realizzare entro il 2040, l’aggiornamento del PNIEC 2024 segna una decisa accelerazione. Il nuovo piano stabilisce, infatti, obiettivi concreti di implementazione della CCS entro il 2030, valorizzando la capacità prevista di 4 Mtpa di CO2 stoccata del progetto di Ravenna CCS, che diventa così un pilastro della roadmap climatica ufficiale del Paese.
A fronte della crescita della domanda di servizi per il trasporto e lo stoccaggio della CO2, l’Italia è concretamente impegnata a definire il proprio quadro normativo in materia. Dopo il recepimento della Direttiva europea 2009/31/CE sullo stoccaggio geologico della CO2 tramite il D.Lgs. 162/2011, sono stati introdotti aggiornamenti mirati a facilitare e accelerare i progetti CCS consentendo l’avvio della Fase 1 del progetto Ravenna CCS con il rilascio, nel gennaio 2023, del primo permesso di stoccaggio di CO2 in Italia (tra i primi in Europa), assegnato ad Eni.
Un ulteriore passo avanti è stato compiuto con l’adozione del Decreto-legge 181/2023, che ha introdotto importanti innovazioni che hanno abilitato lo sviluppo di progetti di stoccaggio geologico su larga scala ed ha delineato il percorso per la definizione del modello di business CCS. A tal fine, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha pubblicato nell’agosto 2025 lo “Studio CCUS – Analisi degli aspetti tecnici, economici e normativi funzionali allo sviluppo della filiera CCUS”. Lo studio propone un modello regolato per le infrastrutture di trasporto e stoccaggio, con accesso trasparente e non discriminatorio, oltre a indicare la necessità di strumenti di incentivazione, di supporto e di garanzia per gli attori della filiera. L’elaborato costituisce una base tecnica e strategica per l’attività di completamento del quadro legislativo e rafforza il ruolo della CCS nella decarbonizzazione dei settori hard-to-abate.
Sul piano internazionale l’Italia ha firmato, assieme a Francia e Grecia, il Piano CCS del Mediterraneo, formalizzato con l’accordo di marzo 2023 e aggiornato a dicembre 2024. L’accordo testimonia il ruolo dell’Italia nella costruzione di una coalizione normativa regionale per promuovere la CCS a livello transfrontaliero.
Queste azioni dimostrano il sostegno deciso del governo italiano alla CCS attraverso una direzione politica chiara, un quadro legislativo solido e una cooperazione internazionale attiva.

Il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 che Eni e Snam stanno sviluppando per ridurre le emissioni degli impianti industriali “hard to abate”.
Il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 che Eni e Snam stanno sviluppando per ridurre le emissioni degli impianti industriali “hard to abate”.