La Carbon Capture and Storage (CCS) consiste nella cattura della CO2 emessa da impianti di grandi dimensioni e nel suo stoccaggio permanente nel sottosuolo.
L’anidride carbonica può essere catturata direttamente dai camini industriali per essere riutilizzata in altri cicli produttivi o stoccata per sempre negli strati profondi del sottosuolo, impedendo che venga rilasciata in atmosfera. L’insieme di questi processi prende il nome di Carbon Capture Utilization and Storage (CCUS), acronimo che comprende sia la Carbon Capture and Utilization (CCU) sia la Carbon Capture and Storage (CCS). Oltre a contribuire alla decarbonizzazione, entrambe queste soluzioni hanno il vantaggio di trasformare la lotta al cambiamento climatico in una risorsa economica da cui possono nascere nuove opportunità di crescita e di lavoro. La loro applicazione è particolarmente utile per i settori “hard to abate” e cioè quelle industrie energivore in cui, sia per gli alti consumi di energia sia per le caratteristiche dei cicli produttivi, allo stato attuale non è possibile adottare alternative tecnologiche per ridurre le emissioni in modo efficiente e sostenibile economicamente. Esempi di industrie hard to abate sono la siderurgia, i cementifici, le cartiere e la chimica.
I primi impianti di CCS sono in funzione dagli anni Settanta del Novecento e, per i prossimi anni, nuovi progetti sono previsti in tutto il mondo.
Terrell, Texas primo impianto di CCS al mondo
Sleipner, Norvegia primo progetto CCS per sola riduzione emissioni
Progetti di CCS su scala industriale oggi operativi
Nuovi progetti di cattura e/o stoccaggio in sviluppo
Sia il riutilizzo (CCU) che lo stoccaggio (CCS) della CO2 sono preceduti dalla fase di cattura, nella quale l’anidride carbonica viene intercettata direttamente dai camini dei grandi impianti industriali e separata dagli altri gas con cui è mescolata. Una volta catturata, la CO2 viene compressa in modo da poter essere trasportata più facilmente, normalmente attraverso delle condotte oppure via mare o via terra. A questo punto si ha a disposizione anidride carbonica concentrata e priva di impurità che può essere riutilizzata come “materia prima” in altri processi produttivi o immagazzinata a grandi profondità sotterranee, rimanendovi intrappolata per sempre: nel primo caso si parla di CCU e nel secondo di CCS. Un esempio di CCU è la mineralizzazione della CO2 con fasi minerali naturali e l’impiego dei prodotti ottenuti nella formulazione dei cementi. Nella CCS, invece, la CO2 viene iniettata all’interno di formazioni geologiche profonde come i giacimenti di idrocarburi esauriti o gli acquiferi salini, selezionati sulla base di rigorose indagini geologiche e tecniche. Il riutilizzo dei giacimenti dismessi è particolarmente vantaggioso perché permette di utilizzare formazioni geologiche che sono ben conosciute e quindi di prevedere con elevata accuratezza la diffusione dell’anidride carbonica all’interno delle strutture. Inoltre, il riutilizzo di parte delle infrastrutture esistenti permette di realizzare progetti rapidi e competitivi, applicando i principi dell’economia circolare alla decarbonizzazione. Le tecniche di CCS sono sicure e mature perché sfruttano le conoscenze acquisite con l’attività di stoccaggio di gas naturale nelle rocce del sottosuolo: un metodo in cui in Italia vi è un’esperienza decennale perché viene utilizzato fin dal 1964 per immagazzinare le riserve strategiche del Paese, con eccellenti standard di sicurezza.
I progetti CCS utilizzano tecnologie sicure e sperimentate che sfruttano la lunga esperienza maturata nello stoccaggio sotterraneo del gas naturale, settore in cui l’Italia è all’avanguardia dagli anni Sessanta. Ogni attività del progetto Ravenna CCS, inoltre, verrà controllata grazie alla avanzata rete di monitoraggio già in funzione nel territorio ravennate a servizio delle precedenti attività estrattive.
riutilizzo dei giacimenti
Negli impianti di CCS, l’anidride carbonica catturata dai camini industriali viene compressa e iniettata in formazioni geologiche profonde adatte a contenerla, rimanendo intrappolata a tempo indefinito nel sottosuolo.
L’esperienza nel gas
La cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica è un processo sicuro e tecnicamente maturo perché si basa su tecnologie di cattura note e disponibili sul mercato e perché sfrutta l’esperienza acquisita nello stoccaggio del gas naturale da oltre un secolo. Fin dagli anni Sessanta, l’Italia utilizza i giacimenti di gas esauriti per immagazzinare le riserve strategiche di gas con un totale di 10 siti attivi e una capacità operativa di oltre 14 miliardi di m3, senza che si siano mai verificati incidenti rilevanti (fonte MASE). Attualmente, nel mondo vi sono progetti di CCS attivi da decenni, ad esempio Snohvit (2008) e Sleipner (1996) in Norvegia, e non si è mai verificata nessuna perdita di CO2.
La CCS sfrutta la lunga esperienza maturata nello stoccaggio sotterraneo del gas naturale, un settore in cui l’Italia opera dagli anni Sessanta.
rilevati nello stoccaggio del gas naturale in Italia
Stoccaggio gas naturale in Italia dagli anni '60
Gas naturale stoccato in depositi sotterranei in Italia
Profondità giacimenti sotto il fondale adriatico
Il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 che Eni e Snam stanno sviluppando per ridurre le emissioni degli impianti industriali “hard to abate”.
Il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 che Eni e Snam stanno sviluppando per ridurre le emissioni degli impianti industriali “hard to abate”.